Luca Bussoletti – “Pop Therapy”

Quando mi dicono “pop” mi ritraggo come una lumaca a cui sono state toccate le antenne. Insomma, chiudo gli occhi e scappo in casa. Perché?! Perché, dietro il concetto di “popular” si nasconde il mostro della banalità e dell’approssimazione più totale.
Ma… (c’è sempre un “ma”) dietro il pop ci sono anche pochi e validi casi di intelligenza applicata, di gusto per la canzone e il testo, misto a capacità di autoironia e ironia che si tingono di sguardi sul sociale e sulla vita. Insomma, ci sono dischi come questo “Pop Therapy” di Luca Bussoletti, che cura dalla ritrosia e dalla diffidenza verso un genere abusato.
Il cantautore romano lo conosco bene, non mi nascondo affatto, e ho seguito con molto piacere la sua carriera, vedendolo anche live in una libreria di Roma, alle prese con una bella cover acustica (chitarra e voce) dei KARMA POLICE. Nei suoi album, ha saputo declinarsi secondo le sue esigenze espressive e artistiche, ponendo l’accento su quanto la sua anima avesse da raccontare(si) in quel momento.
Ora, con l’ultima release, si getta a capofitto in un territorio – e la cosa viene confermata dai testi e nei ringraziamenti – vintage/nostalgico, legato agli anni ’80 che fanno capolino qua e là anche negli strumenti e nei suoni utilizzati oltre che in alcune strutture musicali. Con questo però non dico che ci sia un album “suonato, pensato, fatto” per essere anni ’80! Attenzione. C’è, diciamo così, un’attitudine anni ’80 che non si allontana dall’Oggi ma anzi ci si tuffa sporcandosene.

Pop Therapy è un disco che diverte, just for fun, che fa scuotere la testa e i sorrisi, che alterna momenti “ludici” come “L’amore invece fa benissimo” (“Oohh l’amore invece fa benissimo ed è per questo che ci spendo i miei 50 euro”), al ritmo anthemico di “Duran Duran” piuttosto che al beat minimal-dance di “Come scemi”, passando a  brani più intimisti come “Piango da uomo” o “Sussidiario di un vecchio bambino” o prove di genere come nel flow di “Ai posteri”.
10 tracce che scorrono molto bene, che creano l’altalena della leggerezza e del pensiero, canzoni che hanno sempre molte lingue da ascoltare, forse l’unico momento che non ho ben metabolizzato è “Hic sunt leones”, ma per il resto confermo quanto penso di Luca e della sua musica, cioè che i suoi progetti sanno essere dei biglietti di andata e ritorno per viaggi negli uomini di tutti i giorni, straordinari nella loro normalità, nelle loro storie universali, nei pensieri e nelle paure del quotidiano che affrontano.
Piccoli libri da tre/cinque minuti, haiku sonori che ci appartengono e di cui spesso ci dimentichiamo.

ALex
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